ROMA
“Corse clandestine di cavalli”. Sul provider americano oscurato, bastava digitare la frase per attingere a una lista di video farciti di queste scene, da guardarsi comodamente seduti sul sofà di casa. Vista dalla finestra di questo “fornitore di servizi”, l’Italia amava il genere di riprese. «Alcuni filmati avevano addirittura la colonna sonora di canzoni neomelodiche dedicate ai cavalli e alle corse clandestine, non solo: i filmati erano corredati da vere e proprie bacheche per commenti, apologie delle gare clandestine, lanci di sfide, appuntamenti per organizzare corse» commenta Ciro Troiano, responsabile Osservatorio Nazionale Zoomafia della Lav e firmatario della denuncia.
Di brutto c’è sicuramente quanto è emerso. Ma per fortuna stiamo parlando di una situazione al passato. Perché la ricerca sul web era possibile fino a ieri, quando ancora c’era chi mostrava con aria indifferente il proprio lato “B”, sconosciuto perfino a molti in patria, di voyeur bramoso di vedere dal buco della serratura informatica immagini di stalloni e simili sofferenti, maltrattati, sfruttati. Di bello c’è di buono che da oggi quella finestra è oscurata. Grazie a questa indagine che, continua Troiano, «ci ha consentito di conoscere meglio la fenomenologia di mondo illegale che, spesso, ha pericolose connessioni con la criminalità organizzata. Una corsa di cavalli su strada espone gli animali al rischio di lesioni fisiche dovute al tracciato non in regola, all’assenza di accorgimenti tecnici per prevenire lesioni agli animali, al pericolo di scivolare sull’asfalto, alle sollecitazioni che subiscono i legamenti quando si corre su pista non battuta, alla mancanza di paratie laterali a protezione dei cavalli, all’uso smodato del frustino».
Tutti illeciti e per questo denunciati. Il reato di spettacoli con animali vietati e competizioni su strada alla presenza di persone non autorizzate. Fatti venuti a galla nei 26 filmati che oramai sono tali e quali a un buco nero sullo schermo del pc: per volontà del dottor Tripodi della Procura di Reggio Calabria. L’operazione, denominata “Febbre da cavallo”, è stata eseguita dal Compartimento di Polizia Postale e delle Comunicazioni di Reggio Calabria diretto dal dottor Sergio Iannello. E, se proprio doveva esserci una prima volta, questa lo è nel suo genere, almeno per il nostro Paese. Purtroppo non sono poche le province del Sud Italia riconosciute sulle pellicole che gli agenti del “settore operativo”, diretti dal Commissario capo Gaetano di Mauro, hanno fatto oscurare, vedendosi accettata la richiesta avanzata alla Procura della Repubblica di Reggio Calabria.
di Roberta Maresci